La
storia del varietà televisivo - e,
naturalmente, gran parte dei suoi maggiori successi -
è strettamente legata al nome di Antonello
Falqui. Figlio del critico letterario Enrico,
nasce a Roma il 6 novembre 1925 e qui vive da sempre,
tranne la parentesi milanese del 1952 dovuta al suo lavoro
presso la Tv sperimentale.
Si iscrive all'Università, facoltà di giurisprudenza,
senza portare a compimento gli studi, poiché ad interessargli
sin dal primo momento è il cinema. Il giovane Falqui
non perde tempo:
dal 1947 al '49 frequenta il corso di regia del Centro
Sperimentale di Cinematografia,
diretto da Luigi Chiarini. E' per lui un'esperienza fondamentale:
"Avevo capito - dice - durante il corso di regia, che
l'immagine cinematografica apriva un campo vastissimo di
possibilità espressive".
Nel frattempo, si esercita anche nella militanza critica
(scrive per Sipario, Schermi,
Gazzetta del Popolo, Avanti!, Milano
sera e altri giornali articoli di argomento cinematografico).
Interrompe il Centro Sperimentale per dedicarsi alla sua
prima esperienza come aiuto-regista nell'unico film dello
scrittore Curzio Malaparte
Cristo proibito, girato nel 1950. Falqui,
che ancora non aveva completato il corso di regia, era affascinato
dalla proposta dello scrittore-regista che gli consentiva
di realizzare finalmente le esperienze di teorie appena
acquisite. Dopo quel primo film, lavora ancora come aiuto-regista
accanto a Anton Giulio Majano, Camillo Mastrocinque
e Mario Soldati. Successivamente affronta la regia
di alcuni documentari, tra cui quello di esordio Il fiume
nero, fino a quando, nel 1952, realizza per la televisione,
ancora in fase sperimentale, alcuni programmi nella sede
di Milano. Fra gli altri lo segnala particolarmente all'attenzione
quello intitolato Vita e conclave:
Pio XII, che costituisce per il giovane regista la precisa
presa di coscienza del mezzo televisivo.
Ne scopre una dimensione più ampia poco più
avanti, nel 1953, quando si occupa di una delle prime rubriche
Arrivi e partenze, poi proseguita a Roma sino al '55.
Era presentata da Mike Bongiorno e consisteva
in una serie di incontri con personaggi famosi che arrivavano
o partivano da Milano e poi Roma.
Antonello
Falqui - Mike Bongiorno
Ma è con Il Musichiere,
accanto a Garinei
e Giovannini, che Falqui comincia a realizzare
appieno alcuni aspetti della sua concezione dello spettacolo
leggero.
La trasmissione domina le annate televisive 1958, 1959 e
1960.
Mario Riva, che ne è l'animatore e il presentatore,
diventa un personaggio nazionale, mentre tutta l'Italia
si appassiona a quel gioco musicale. "Il Musichiere
- afferma Falqui - è stato un po' la riprova delle
capacità che ha la televisione di rendere collettivi
certi fenomeni.
In questo senso era interessante scoprire la dimensione
"discreta e domestica" del piccolo schermo, che,
senza violare l'intimità della famiglia, introduce
nella società nuovi modelli di partecipazione alla
comunità. E poi l'italiano rimaneva appagato nel
suo "bisogno musicale" che, ironicamente, era
espresso nelle forme avvincenti della gara". Falqui
aveva perfettamente capito certe peculiarità dello
spettacolo musicale e, non a caso, tra le quattro
Canzonissime (1958, 1959, 1968 e 1969) da
lui dirette,
due hanno avuto un notevolissimo successo e l'edizione con
Delia Scala-Manfredi-Panelli,
è rimasta uno dei modelli fondamentali per le successive
trasmissioni legate alla lotteria di Capodanno.
Falqui non ama entrare nei dettagli del suo lavoro quando
ne parla: una ritrosia che sfiora la scontrosità
e un geloso riserbo lo allontana da ogni cosa realizzata.
Quello che più colpisce in lui è l'apparente
distacco con cui ripercorre il significato di certe esperienze.:
"Io credo - afferma - che occorre ricominciare sempre
daccapo, studiare, prima di ogni realizzazione, le linee
di un programma. La mia maggiore aspirazione è fare
bene, molto bene, la rivista televisiva. E' un genere in
cui credo e, pur non facendomi eccessive illusioni estetiche,
lo considero un veicolo di interessanti forme espressive
per il quale bisogna lavorare con molta intelligenza".
Falqui, Guido
Sacerdote e Mina
In virtù di queste considerazioni, Falqui, compiuto
un viaggio negli Stati Uniti, concepisce e realizza una
nuova forma di rivista televisiva. E' la formula di Studio
Uno (1962) che, abbandonati i luoghi comuni della
rivista tradizionale, si propone in una chiave squisitamente
televisiva. Lo spettacolo è accolto con grande favore:
il pubblico italiano scopre Mina,
il personaggio più caro al regista.
Durante questi anni, Falqui sperimenta nuove intuizioni
registiche, oltre che nella rivista tout court anche nella
commedia musicale e l'operetta, tutti generi che poi troveranno
una nuova e
originale formula nel fondamentale Biblioteca di Studio
Uno del 1964.
Mina e Totò
Nella tv italiana, Falqui rappresenta quindi l'anello di
congiunzione fra la fase provinciale, dialettale legata
ai primi show e quella di spettacoli più compositi
e suggestivi basati sul richiamo di vedettes internazionali,
sulla creatività della ripresa e delle coreografie,
sulla ricchezza e varietà delle proposte scenografiche
e figurative con un linguaggio, forse il primo del genere,
prettamente televisivo.
Gli anni Settanta e Ottanta sono caratterizzati da una lunga
serie di regie di spettacoli che man mano abbandonano l'intrattenimento
puro a base di sketch e canzonette per approdare a una rilettura
sociale e storica dell'arte popolare. Significativi in tal
senso sia gli esperimenti con Paolo Villaggio,
protagonista della serie di Giandomenico Fracchia, e
Gigi Proietti, protagonista di Fatti e fattacci,
entrambi del 1975, che i varietà già nostalgici
come Milleluci
(1974) e Al Paradise
(1983).
Dal 1990, il regista ha abbandonato il piccolo schermo dedicandosi
sporadicamente all'insegnamento della regia televisiva in
lezioni tenute all'Accademia di Belle Arti di Macerata e
presso la società di produzione televisiva e distribuzione
di format Einstein Multimedia,
di cui è attualmente anche consulente.
da sinistra
Falqui, Raimondo Vianello, Rita Pavone e Ugo Tognazzi.
Grazie ai suoi spettacoli,
Falqui, in quarant'anni di carriera, ha radunato milioni
di telespettatori intorno al piccolo schermo, prima in bianco
e nero e poi a colori, attraversando la storia italiana
dal dopoguerra sino a oggi con un obiettivo: far sognare
con il varietà, un genere al quale ha dato piena
dignità, nutrendo, al pari della commedia all'italiana
sul grande schermo, l'immaginario degli italiani, i quali,
il sabato sera volevano una televisione sicuramente leggera,
accattivante, che li coccolasse. E Falqui ci è riuscito
benissimo, circondandosi dietro le quinte di grandissimi
professionisti (autori, scenografi, costumisti, direttori
della fotografia, coreografi e musicisti) e guidando per
mano attori, cantanti e ballerini che hanno rivestito decine
di ruoli sul video. Volti amici, simpatici, affascinanti,
qualcuno purtroppo scomparso prematuramente. Alcuni sono
stranieri, ma la popolarità l'hanno raggiunta in
Italia e sono diventati dei nostri beniamini.
Antonello
Falqui - Franca Valeri
L.M.
http://www.antonellofalqui.com
da sinistra
Loredana Berté, Gianrico Tedeschi, Tino Scotti, Christian
De Sica, Gianni Agus, Leopoldo Mastelloni, Isabella Biagini,
Falqui e Pippo Franco.
Minnie Minoprio
e Falqui.