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La comune - Giorgio Gaber

Giorgio Gaber

LA COMUNE


"Da una vita ci guardiamo,
si va bene ci vogliamo bene,
ma come tutti ci isoliamo,
ci dev’essere per forza un’altra soluzione."

Forse la comune…
non ha senso la famiglia coniugale,
ho bisogno di trovare un’apertura
a una vita troppo chiusa, troppo uguale.

Forse la comune…
dove ognuno può portare le sue esperienze,
un po’ stretti, qualche volta in poche stanze,
ogni tanto qualche piccola tensione.

"Qualcheduno m’ha svegliato
e adesso non riesco più a dormire.
Chi s’è bevuto il mio caffè,
chi s’è messo ancora il mio costume."

Tento la comune…
specialmente per i figli uno spazio nuovo,
per ognuno tante madri e tanti padri,
voglio dire senza madri e senza padri.

Tento la comune…
non esiste proprio più niente che sia possesso
ed è molto più normale volersi bene,
finalmente non è un problema nemmeno il sesso.

"Da te non me l’aspettavo,
ti credevo una ragazza sana,
e pensare che ti stimavo,
ti comporti come una puttana!"

Amo la comune…
la tua donna preferisce un altro ma è naturale,
non fa niente se si ingrossa la tensione,
poi l’angoscia, poi la rabbia più bestiale.

Amo la comune…
senza più nessun ritegno si arriva ad odiarsi,
e alla fine quando esplode la tensione
come bestie, come cani ci si sbrana a morsi.

"Sì, ci odiamo, ci ammazziamo,
sì, ci sbraniamo per il caffè,
chissà cosa c’è sotto a quel caffè,
c’è l’odio, l’invidia, la gelosia,
c’è la solita merda che ritorna fuori,
e allora ci ammazziamo, sì, ci sbraniamo".

Meglio la comune,
meglio la comune,
meglio la comune.

parlato: Meglio la comune che dirci: "Buongiorno cara,
hai dormito bene. Te l’avevo detto che il Serpax funziona.
Ah stasera vengono a cena i Cotinelli, mi fa piacere.
Sì grazie ancora un po’ di caffè."



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