Quand’era giovane è stata, ad unanime giudizio di critica e pubblico, una delle donne più belle mai apparse sullo schermo. Con la maturità, Virna Lisi non solo ha saputo mantenere un fascino immortale ma ha anche subito un’evoluzione straordinaria in termini di bravura e di consapevolezza del ruolo di attrice. Ha partecipato così a grandi e importanti pellicole, affrontando con coraggio il passare del tempo, senza mai cercare pateticamente di mascherarlo.
Virna Pieralisi (così all’anagrafe) nasce l’8 settembre 1936 a Jesi (Ancona). Nel cinema debutta giovanissima e del tutto casualmente: il padre Ubaldo, trasferitosi agli inizi degli anni ’50 a Roma, conosce Giacomo Rondinella, un cantante, il quale colpito dall’eccezionale figura della ragazza la presenta ad un produttore. Catapultata in men che non si dica in un ambiente che non era il suo, la timida Virna prende parte inizialmente a una mezza dozzina di film partenopei: da “E Napoli canta” a “Desiderio ‘e sole”, da “Piccola santa” a “Luna nuova”.


Nel 1955 le sue quotazioni lievitano grazie ad un remake del celebre “Ore 9: lezione di chimica”, che lo stesso Mario Mattoli rivisita nelle “Diciottenni”.
Nel 1956 interpreta “La donna del giorno”, diretta dal giovanissimo Francesco Maselli. La sua bellezza, di una purezza abbagliante, si adatta ai film in costume, come “Caterina Sforza, leonessa di Romagna” (1958) di G. W. Chili e “Romolo e Remo” (1961) di Sergio Corbucci. Lavora anche con Totò in “Sua eccellenza si fermò a mangiare” (1961) di Mattoli. Un grande del teatro come Giorgio Strehler (e negli anni ’60 Strehler era già un’autorità del settore) la chiama per la parte di protagonista nei “Giacobini” di Federico Zardi, per il quale ottiene al Piccolo di Milano un lusinghiero successo.


A teatro lavora anche con Michelangelo Antonioni e Luigi Squarzina, mentre la sua immagine cinematografica cresce fino ad internazionalizzarsi nel “Tulipano nero” (1963), di Christian Jacque, con Alain Delon, ed “Eva” (1962) di Joseph Losey. Chiamata da Hollywood, si muove con disinvolta padronanza di commediante in “Come uccidere vostra moglie” (1965) di Richard Quine, a fianco di Jack Lemmon. Si tratta comunque di un’esperienza limitata, tesa a sfruttare esclusivamente le sue doti di bionda platinata, come confermato dai seguenti “U 112 – assalto al Queen Mary” (1965), con Frank Sinatra e “Due assi nella manica” (1966), con Tony Curtis.
All’infelice approdo hollywoodiano fa seguito, nell’arco di tempo che va dal 1964 al 1970, un’attività italiana assai corposa, segnata da alcune indovinate presenze che le consentono di affinare meglio i propri mezzi, soprattutto nel versante di canovacci connessi all’attualità: “Le bambole” di Dino Risi, con Nino Manfredi; “La donna del lago” di Luigi Bazzoni; “Oggi, domani e dopodomani” di Eduardo De Filippo, e “Casanova 70” di Mario Monicelli, entrambi con Marcello Mastroianni; “Una vergine per il principe” di Pasquale Festa Campanile, con Vittorio Gassman; “Signore e signori” di Pietro Germi; “La ragazza e il generale” di Festa Campanile, con Rod Steiger; “La venticinquesima ora” di Henri Verneuil, con Anthony Quinn; “Tenderly” di Franco Brusati; “Arabella” di Mauro Bolognini; “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer, con Anna Magnani; “L’albero di Natale” di Terence Young, con William Holden; “La statua” di Rod Amateau, con David Niven; “Barbablu'” di Luciano Sacripanti, con Richard Burton.


Sempre splendente nel fisico e nel fresco sorriso, negli anni ’70, anche per mancanza di ruoli adatti di donna matura, dirada notevolmente il lavoro cinematografico. Ricordiamo le interpretazioni più acclamate: “Al di là del bene e del male” (1977) di Liliana Cavani; “Ernesto” (1978) di Salvatore Saperi o “La cicala” (1980) di Alberto Lattuada. A partire dalla metà degli anni ’80 Virna Lisi si rilancia grazie ad alcune significative prove offerte in sceneggiati televisivi (“Se un giorno busserai alla mia porta”; “E non se ne vogliono andare”; “E se poi se ne vanno?”; “I ragazzi di via Panisperna”) ove staccandosi dal clichè della donna “troppo bella per essere vera”, ha modo di esprimere appieno una nuova personalità ed un’indubbia maturazione artistica.

Su questa linea si pone anche l’esemplare ritratto di madre e nonna ancora giovane, schizzato sotto la guida di Luigi Comencini in “Buon Natale, Buon anno” (1989), che le porta il Nastro d’argento. Con l’interpretazione di Caterina De’ Medici nella “Regina Margot” (1994) di Patrice Chèreau vince il Nastro d’argento ed il premio come miglior attrice a Cannes. Seguono “Va’ dove ti porta il cuore” (1996), la mini serie TV “Deserto di fuoco” (1997), ed i film TV “Cristallo di rocca” (1999) e “Balzac” (1999). Tra i suoi ultimi lavori: “Le ali della vita” (2000, con Sabrina Ferilli), “Un dono semplice” (2000, con Murray Abraham), “Il più bel giorno della mia vita” (2002, con Margherita Buy e Luigi Lo Cascio).


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