Regista cinematografico italiano (Genova 1914 – Roma 1974). Esordì nel 1946 con l’interessante film Il testimone, confermando il proprio talento e la vocazione per i soggetti drammatici in Gioventù perduta (1948); ma il suo pieno inserimento nella corrente neorealista, di cui divenne uno dei capiscuola, si ebbe con In nome della legge (1949), opera sulla mafia siciliana diretta con grande sincerità e maturità stilistica.
Seguirono Il cammino della speranza (1950), sul doloroso calvario dell’espatrio clandestino di un gruppo di emigranti meridionali, e La città si difende (1951), tentativo di film – gangster ambientato in Italia.
Dopo Il brigante di Tacca del Lupo (1952), sullo sfondo storico della lotta al brigantaggio, il regista si indirizzò verso temi più intimisti a ispirazione sociale e umanitaria nel Ferroviere (1956), acuto e patetico ritratto psicologico di un umile lavoratore, descritto con autentica forza poetica e interpretato dallo stesso regista, protagonista anche in altri suoi film.

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Caratteristiche di genuina e commossa istintività narrativa si ritrovano anche nell’Uomo di paglia (1958), mentre in Un maledetto imbroglio (1959), tratto da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di C. E. Gadda, Germi tornò al film a tinta poliziesca.

Una svolta decisiva nella varia e complessa tematica del regista si ebbe, a partire dal 1961, con Divorzio all’Italiana, dove la critica di costume si approfondisce unendosi felicemente a una aperta vena ironico-umoristica, nella cornice della mentalità e dei pregiudizi siciliani.
Il film, che ottenne largo successo, ebbe nel 1964 una replica in Sedotta e abbandonata e, sebbene su uno sfondo sociale e regionale diverso (la borghesia della provincia veneta) e con maggior coloritura farsesca, in Signore e signori (1966).

Con L’immorale (1967) il regista mise a fuoco una situazione familiare assurda, nascondendo sotto il paradosso satirico una realtà seria e sentita.
Dopo aver ottenuto un buon successo con Serafino (1968), film d’apoteosi campagnola che si fondava soprattutto sulle doti di simpatia umana e di chiassosa comunicatività del protagonista Adriano Celentano, il regista tentò di ripetere gli stessi temi in
Le castagne sono buone (1970), ma con esito discutibile.

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Migliore accoglienza trovò, nel pubblico e nella critica, Alfredo, Alfredo (1972), basato sulle vicende di una giovane coppia. In complesso negli ultimi film si accentuò l’involuzione del cinema di Germi, la cui vena più felice e autentica resta legata al suo primo periodo creativo, nel quale egli, regista tra i più personali e impegnati del cinema italiano ed europeo, colse le contraddizioni della società e dell’uomo con vigorosa spontaneità e con uno stile che trovava la sua forza espressiva e morale proprio in una certa ingenua e rude schiettezza.

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FILMOGRAFIA
– Il testimone (1945)[13]
– Gioventù perduta (1947)
– In nome della legge (1949)
– Il cammino della speranza (1950)
– La città si difende (1951)
– Il brigante di Tacca del Lupo (1952)
– La presidentessa (1952)
– Gelosia (1953)
– Amori di mezzo secolo (1954)
– Il ferroviere (1956)
– L’uomo di paglia (1958)
– Un maledetto imbroglio (1959)
– Divorzio all’italiana (1961)
– Sedotta e abbandonata (1964)
– Signore & signori (1966)
– L’immorale (1967)
– Serafino (1968)
– Le castagne sono buone (1970)
– Alfredo, Alfredo (1972)