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THE ROLLING STONES

BIOGRAFIA

 


Ribattezzati "World's greatest rock’n’roll band" da gran parte della stampa specializzata, i Rolling Stones sono davvero una delle formazioni più importanti (e longeve) dell’intera storia della musica. Partendo dalle radici afro-americane del rock - i ritmi tribali, il blues, il jazz - hanno forgiato uno sound unico, che ha segnato un’epoca e influenzato una miriade di band. Una rivoluzione musicale, quella di Mick Jagger e soci, che - come scrive lo storico del rock Piero Scaruffi - ha toccato ognuno degli strumenti tipici del rock: “La batteria assimilò il tamtam lascivo del folk tribale, il tamburo marziale delle bande militari e lo swing sofisticato del jazz, la chitarra esasperò lo stile crudo e squillante di Chuck Berry, il basso inventò un suono ruvido e sguaiato, il canto trasformò il crooning sensuale dei cantanti soul in un verso bestiale, e gli arrangiamenti di tastiere, flauti e strumenti esotici travisarono completamente gli intenti delle culture da cui venivano presi in prestito”. Il primo nucleo della band nasce a Londra agli inizi degli anni '60, quando il cantante Michael Phillip "Mick" Jagger (1943, Dartford, Gran Bretagna) e il chitarrista Keith Richards (1943, Dartford, Gran Bretagna), compagni di scuola fin dalle elementari, formano con Dick Taylor, Bob Beckwith e Allen Etherington i Little Boy Blue And The Blue Boys, uno dei tanti gruppi ispirati al blues di Chicago.

All’organico si aggiunge subito il polistrumentista Brian Jones (Lewis Brian Hopkins-Jones, 1942, Cheltenham, Gran Bretagna). Jagger e Richards sostituiscono gli altri tre con il chitarrista Geoff Bradford, il pianista Ian Stewart e i batteristi Tony Chapman e Mick Avory (quest'ultimo poi confluito nei Kinks). Nella prima fase della storia degli Stones, l'anima del gruppo è Brian Jones. Dotato di un prodigioso talento per la musica (fin da ragazzino sapeva già suonare di tutto, dall'organo al sassofono) e di un altrettanto spiccata capacità autodistruttiva, Jones vantava anche il curioso primato di aver concepito ben sei figli da altrettante ragazze nell'arco di un decennio (il primo a quindici anni). Inguaribile provocatore e anticonformista, incarnava in tutto e per tutto la figura del rocker dannato, cresciuto suonando gli angoli delle strade e fumando marijuana. Negli anni in cui i Beatles venivano definiti “capelloni” solo perché portavano i capelli a caschetto, Jones e Jagger costituivano, in realtà, la vera alternativa europea al mito maudit di Jim Morrison. Il debutto della band avviene il 12 luglio 1962 in uno dei templi del rock: il Marquee di Londra. Nel frattempo, si uniscono al nucleo originario Bill Wyman (William Perks, 1936, Londra), ex-bassista dei Cliftons, e Charlie Watts (1941, Islington, Gran Bretagna), batterista della Blues Incorporated di Alexis Korner. Ribattezzatisi The Rolling Stones, da una celebre canzone di Muddy Waters, vengono notati dal manager Andrew Loog Oldham, che procura loro un contratto con la Decca e estromette dalla formazione Stewart (che diventerà road manager del gruppo e membro aggiunto).

Nelle mani di Oldham (autore del celebre slogan "Lascereste che vostra figlia uscisse con uno degli Stones?"), Jagger e compagni si impongono come alternativa “sporca” e trasgressiva ai Beatles. Nasce così il più celebre dualismo tra band dell’intera storia del rock. La musica degli Stones è impudente e selvaggia come la loro immagine. E attinge dalle sorgenti blues del rock’n’roll. Il primo singolo, “Come On” (1973), è la cover di un brano di Chuck Berry, il secondo 45 giri è addirittura scritto dai "rivali" Lennon e McCartney (“I Wanna Be Your Man”), ma è “Not Fade Away” (di Buddy Holly) che, nel giugno 1964, ottiene i primi positivi riscontri di vendita. I cinque successivi singoli (tra cui “Little Red Rooster”, “The Last Time” e “Get Off My Cloud”) contendono la vetta delle classifiche agli hit dei Beatles. Nella luccicante “Swinging London” degli anni ’60, i Rolling Stones rappresentano l’anima nera e sotterranea della città. Quella che si nutre di baccanali assordanti nei club underground. Quella che vibra della rabbia dei bassifondi, dei sobborghi più violenti e degradati. La loro musica, tuttavia, riesce a far breccia su un pubblico molto più ampio, grazie alla straordinaria abilità tecnica di un ensemble che non si regge solo sul genio di Jones. “Richard in particolare – scrive Scaruffi - il cui stile era la prima imitazione cosciente di Chuck Berry, si impose subito come il più grande chitarrista del beat. I suoi fuzz avevano la funzione di compensare la mancanza di una sezione di fiati. Watts e Wyman formavano la sezione ritmica funky più essenziale della storia del rock. Jagger era l'attrazione principale: modellava il suo vocalismo sul canto agonizzante di Otis Redding e di Solomon Burke e si agitava molto sul palco, al punto da essere paragonato ai performer neri più scatenati di dieci anni prima”.

Il graffiante album d’esordio, Rolling Stones (Decca, 1964), è la rielaborazione di classici del rhythm and blues, tra cui “I'm A King Bee” (Slim Harpo), “Carol” (Berry), “Route 66”, “I Just Want To Make Love To You” (Dixon), ma presenta anche il primo brano firmato Jagger & Richard: “Tell Me”. In questa fase, tuttavia, la band si esprime soprattutto su 45 giri. Come con “It's All Over Now”, versione di un brano di Bobby Womack incisa a Chicago, ma soprattutto con due cover di Dixon, “Time Is On My Side” e “Little Red Rooster”, e due interessanti composizioni originali: “Heart Of Stone” e “Good Times Bad Times”. Questi ed altri brani vengono raccolti in Rolling Stones n. 2 (che negli Usa si chiamerà Now). E’ il 1965, però, a segnare l’inizio del mito degli Stones, grazie a un trittico di singoli folgoranti: “The Last Time” (febbraio), “(I Can't Get No) Satisfaction” (maggio) e “Get Off Of My Cloud” (settembre), tutti nel segno di un blues contagioso, propulso dai riff distorti di Richards e dal canto sguaiato di Jagger. E’ soprattutto “(I Can't Get No) Satisfaction”, inno sensuale dai trascinanti accordi di chitarra, a impazzare su entrambe le sponde dell’Atlantico, rimanendo per quattro settimane in testa alla classifica di "Billboard". Ma i Rolling Stones non mettono a soqquadro solo il mondo della musica. A scandalizzare i benpensanti sono anche i loro concerti incendiari (memorabile quello finito in rissa a Berlino nel 1966 dopo un passo dell’oca nazista messo in scena da Jagger), i continui atteggiamenti provocatori, lo stile di vita depravato, all’insegna di sesso, violenza e droga, i flirt scandalosi (celebre quello di Mick Jagger con Marianne Faithful).

 

di Claudio Fabretti


http://www.ondarock.it/Rollingstones.html

 

 

 





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