Nei meravigliosi cortili del Sanfelice, del Fuga, del Vanvitelli
possono osservarsi lenzuola stese al sole e riunioni serali
in cui si gioca a tombola raccontando pubblicamente i fatti
di tutto il quartiere. L'azione ha inizio in un cortile dove
delle donne vestite in nero giocano a tombola. Ai frizzi e ai
doppi sensi del gioco si mescolano preghiere ai santi perché
mandino dei segni, medianti i quali vincere al Lotto. Man mano
il gioco si scalda fino a che una donna scopre che uno dei presenti
è un uomo travestito da donna. Si grida alla scandalo,
l'uomo viene spogliato e con un canto ed una azione mimica lo
si ammazza simbolicamente. Ha termine così la prima scena
e si chiudono le porte del palazzo. In proscenio ha luogo un
commento recitato atto ad introdurre la storia di Cenerentola.
Si riapre infatti il portone e si vedono tre donne che cantando
una villanella, precisano la posizione femminile della donna
napoletana e le sue aspirazioni.
Una delle tre donne è Cenerentola
la quale alla fine del canto è rimproverata dalla matrigna
(il cui ruolo è coperto da un uomo). Vanno via le altre
due donne e la matrigna nervosamente sfoga le sue ansie con
Cenerentola, dovendosi recare con le figlie al ballo del re.
Arriva una pettinatrice la quale pettina la matrigna e costei
nel farsi pettinare racconta la propria vita. Viene così
esposto un canto, mediante il quale ella confessa di avere avuto
sette mariti, tutti morti nella prima notte di nozze.
Da ognuno di loro è nata una figlia ed eccole infatti:
sono Patrizia, Imperia, Diamante, Calamita, Sciorella e Pascarella.
La pettinatrice va via e la matrigna invita le figlie a vestirsi
(tutte le figlie sono egualmente uomini travestiti). Le figlie
si ritirano tranne Patrizia, la prediletta, che è vestita
grottescamente da una sarta. Si sente il rumore di una carrozza
e la matrigna con la figlia si avviano al ballo. Cenerentola
rimasta sola, innaffia una pianta, libera una colomba e si accinge
a recitare il rosario.
Dal fondo allora, fantasticamente vengono quattro donne vestite
di nero (ancora uomini travestiti), che recitano un rosario
dissacrando grottescamente la figura del padre e della madre.
Appare un "monacello" figura magica napoletana, che
invita Cenerentola a recarsi al ballo. A tale uopo traccia dei
segni magici con un corno e una scopa e incomincia ad evocare
gli oggetti e gli abiti incantati. L'azione si tinge di ambiguità:
Cenerentola si spoglia e il "monacello" le fa indossare
le calze, le scarpe, gli orecchini. Il ritmo incalza e nel momento
che Cenerentola sta per indossare il magico abito ha termine
la prima parte.
La
seconda parte ha inizio con un canto col quale si esprime un
desiderio di trasformazione delle cose e delle persone: "Vurria
addeventare la palomma" nel frattempo la scena si trasforma
nel fantastico palazzo reale la cui struttura ricorda anche
le barocche chiese napoletane. Quattro cameriere intrecciano
un dialogo mentre corrono da un punto all'altro della scena
come se servissero un "buffet" a base di liquori,
di dolciumi e di polli farciti. Passa anche la matrigna con
la figlia Patrizia e sottolinea verso le cameriere il suo atteggiamento
negativo e repressivo.
A un certo punto squillano le campanelle di una immaginaria
carrozza. Entrano degli orientali e un personaggio piumato (travestimento
gallinaceo). Tutti intonano una ambigua "moresca".
Cenerentola appare abbigliata nel modo più sontuoso.
Tutti spariscono, ella resta sola nel salone dove troneggia,
una barocca sedia seicentesca. Cenerentola dialoga con un invisibile
re e racconta di avere ammazzato la sua prima matrigna. Prima
della mezzanotte scappa mentre riprende il canto della precedente
moresca. È la seconda sera del ballo: Cenerentola ritorna
indossando il secondo abito e nel breve dialogo dice al re di
essere "figlia della Madonna" e figlia di nessuno
(ossia trovatella al brefotrofio) indi al servizio della matrigna.
Scappa di nuovo e si ripete la stessa azione della moresca.
La terza notte del ballo ella indossa l'abito col sole e la
luna. Invitata dall'invisibile re, siede sul trono e racconta
la favola di Cenerentola nella poetica e semplice versione contadina.
La scena si illumina di azzurro sempre più chiaro fino
ad evidenziare uno scenario di piante e di alberi di limoni,
che si intravede attraverso gli archi della struttura barocca.
Scocca la mezzanotte. Scoppia un furioso temporale, durante
il quale lei scappa mentre il coro intona una drammatica tarantella.
Cenerentola perde la magica scarpa. La scena si rabbuia completamente,
poi mentre si esegue un intermezzo musicale si rischiara di
nuovo. Siamo ancora nello stesso cortile napoletano dove quattro
lavandaie lavano delle lenzuola e commentano l'episodio della
sera precedente: una ragazza è andata al ballo ed ha
perso una scarpa. Il re sposerà quella che calzerà
la scarpetta perduta. Interviene una zingara incinta, e predicendo
la fortuna, dice però che già una scarpa era stata
perduta dalla Madonna di Piedigrotta. S'intona una canzone ironica
sulla condizione della donna che aspira a sposarsi solo per
diventare una "Madonna". Il canto viene interrotto
dalle grida di una lavandaia la quale ha scoperto che la zingara
è incinta perché ruba i loro panni e nascondendoli
sotto le vesti, simula una eterna maternità. La zingara
scappa ed interviene un "arriffatore", cioè
un omosessuale che porta una bambola in mano simile alla Cenerentola
del ballo. Egli vorrebbe venderla alla riffa. Ridono le donne
per la sua condizione ma si accorgono che la bambola non ha
una scarpa. L'uomo spiega ironicamente che "quella puttana"
ha ballato col re perdendo la scarpa. Le donne iniziano un canto-gioco
tendente ad eccitare l'omosessuale. Costui balla con la bambola
e incomincia ad eccitarsi con le quattro lavandaie. Ma costoro
si spaventano e lo invitano a gettarsi in un pozzo che è
in scena. L'omosessuale si suicida mentre la scena si rabbuia.
Il canto prosegue per invocare il ritorno del sole e così
fare asciugare i panni stesi. Nel frattempo le donne tirano
la corda attaccata alla carrucola del pozzo da cui viene fuori
un bambino in fasce. La scena si rischiara e viene un orientale
il quale al suono di un tamburo e di un piffero porta la scarpa
perduta per farla provare a tutte le ragazze da marito.
Interviene la matrigna e la sorellastra che vorrebbe per prima
fare la prova.
Le lavandaie si ribellano e scoppia una rissa densa di invettive
e di pesanti ingiurie.
La rissa è interrotta dal monacello che indica Cenerentola
vera proprietaria della scarpa. Si fa la prova e la magica scarpa
viene infilata al piede della ragazza da un bambino vestito
da infante reale.
La prova è compiuta, Cenerentola si allontana lentamente
col seguito.
Nel cortile riprende il gioco della tombola mentre si chiudono
le porte del palazzo e quindi il sipario.
Roberto
De Simone